Noto così come oggi la conosciamo, rappresenta la città “nuova”, quella costruita dopo il terremoto del 1693. Non è corretto quindi parlare di ricostruzione, ma di “costruzione di una nuova città”, costruzione che venne fatta più a valle, con le caratteristiche di città barocca che l’hanno resa celebre in tutto il mondo.
L’antico centro abitato di Noto, conosciuto come Noto Antica, fu un centro di rilevante importanza. Municipium sotto il dominio dei Romani, Capovalle dalla dominazione araba in poi e fregiata del titolo di civitas ingegnosa da Ferdinando il Cattolico, fu uno dei principali centri culturali militari ed economici della Sicilia sud-orientale fra il XIV e il XVI secolo.
Noto Antica è tutt’ora visitabile, un area ricchissima di informazioni che ricoprono un arco temporale che va dall’epoca preistorica fino al 1693, anno del terremoto.
Un impianto medievale dove ancora si possono ammirare monumenti di grande rilevanza storica, come l’Eremo di Santa Maria della Provvidenza, il Castello Reale edificato nel 1091 ed ampliato dal duca Pietro D’Aragona nel 1430 e tratti delle imponenti mura di cinta che fortificavano il centro urbano.
Il periodo antico
La citta di Noto, comunemente denominata Noto Antica, sorgeva 8 km più a nord dell’attuale città, sul monte Alveria. I primi insediamenti umani risalgono all’età del bronzo antico come testimoniato dai numerosi reperti archeologici rinvenuti.
La leggenda narra che Neaton, nome di Noto antica, venne trasferita dall’altura della Mendola al vicino monte Alveria, dal condottiero siculo Ducezio, che nel corso del V secolo, avrebbe difeso la città dall’attacco dei greci. Divenne così colonia siracusana durante il regno di Gerone II e nel 214 a.C., fu riconosciuta come città alleata dai Romani, che concessero ai netini un proprio senato, tanto che tutt’oggi in alcuni palazzi è presente la scritta SPQN (Senatus PopolosQue Netinum).
Periodo tardoantico ed arabo
Nel IV secolo d.C., in periodo tardo romano, fu costruita la Villa Romana del Tellaro, dimora di una famiglia di latifondisti nei pressi dell’omonimo fiume. Gli scavi degli anni ’70, hanno riportato alla luce straordinari mosaici che ricoprivano i pavimenti dell’abitazione, scampati alla distruzione di un incendio risalente alla fine del IV secolo.
Con l’occupazione dei bizantini tra il 535-555 d.C., tutto il territorio netino, fu arricchito di monumenti come la Basilica di Eloro, la Trigona di Cittadella dei Maccari e la Cripta si San Lorenzo Vecchio.
Alla fine dell’ottocento passò sotto il dominio degli Arabi, che ne fortificarono il territorio e razionalizzarono le risorse agricole e commerciali.
Periodo Normanno-Aragonese
Quando nel 1091 il territorio netino fu occupato dai normanni, il figlio del Gran Conte Ruggero d’Altavilla diede inizio alla costruzione delle prime chiese cristiane e del castello, mentre il monastero cistercense di Santa Maria dell’arco fu costruito per volontà del conte Isinbardo Morengia.
Passata sotto il dominio Angioino, il 2 aprile 1282 noto partecipò all’insurrezione dei Vespri siciliani.
La continua lotta tra gli Aragona e gli Angiò per il possesso della Sicilia si risolse con la ribellione del castellano di Noto Ugolino Callari a Federico III D’Aragona, consegnando di fatto la città agli Angioini.
Tornata sotto gli Aragonesi Noto continuò a sviluppare il suo nucleo cittadino che si arricchì con la costruzione della torre maestra del castello di Noto Antica.
Nel 1503 a Noto fu conferito il titolo di Città ingegnosa, per i tanti personaggi di rilievo che nel 400 si distinsero nel campo dell’Arte, delle Lettere e della Scienza, come Giovanni Aurispa, Antonio Cassarino, Antonio Corsetto, Andrea Barbazio e Matteo Carnalivari.
Il terremoto del 1693 e la nuova vita di Noto
All’apice del suo splendore, l’11 gennaio 1693, noto fu distrutta da un devastante terremoto.
La città per motivi di sicurezza venne ricostruita a 8 km più a valle.
Per la ricostruzione della città vennero chiamati ingegneri, matematici e architetti di grande rilievo in quel periodo: l’ingegnere militare olandese Carlos de Grunenbergh, il matematico netino Giovanni Battista Landolina, il gesuita fra’Angelo Italia e l’architetto militare Giuseppe Formenti.
Ma oltre al piano urbanistico in se venne molto curato anche l’aspetto architettonico. Fu per questo motivo che da tutta la Sicilia arrivarono capi mastri e scalpellini che, sotto le abili direttive di ingegnosi architetti, quali Rosario Gagliardi,Paolo Labisi, Vincenzo Sinatra, Antonio Mazza costruirono il centro storico di Noto così come oggi ci appare.
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